...RIFLESSIONI DI UN PELLEGRINO.. - ETTORE LEMBO NEWS

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“...riflessioni di un pellegrino
dei nostri giorni lungo
la via Francigena…”

“I giovani e la cultura”

Riceviamo e pubblichiamo, così come ci è pervenuto, da parte di Don Riccardo Giordani Duca di Willemburg, Conte Palatino, Maggiore Commissario EI- SMOM  e Gran Cerimoniere della “Norman Accademy”,  del Suo intervento all’Incontro Accademico svoltosi nell’Aprile del 2012  “ Montefiascone e Canterbury”
Il Tema trattato è oggi più che mai di grande attualità.
I dieci anni che ci separano da quando Don Riccardo, che ringraziamo per averci concesso di pubblicare il testo da lui prodotto nel 2012, devono indurci a riflettere come i giovani già da allora venivano privati di quella cultura necessaria per la loro formazione che ha condizionato, ed ancor più condiziona il loro futuro.
Vi lasciamo alla lettura del testo, ringraziandolo per la Gentile Concessione
Ettore Lembo

“ MONTEFIASCONE e CANTERBURY “

INCONTRO ACCADEMICO

aprile 2012

Intervento del Gran Cerimoniere della Norman Academy

Don Riccardo Giordani di Willemburg

“...riflessioni di un pellegrino dei nostri giorni lungo la via Francigena…”

“I giovani e la cultura”

    Parlare di cultura, a meno di non volerlo fare in maniera disinvolta e superficiale, significa affrontare una materia estremamente composita.
Infatti si tratta di analizzare  un bagaglio destinato, per ogni singolo giovane, a crescere con lui e con le sue esperienze nel tempo.
            Questo eterogeneo bagaglio aumenta di peso e di importanza grazie alla famiglia, che ne forma le basi e ne costruisce l’interesse, alla scuola, che ne cura l’approfondimento, alla società, che dovrebbe indicarne l’eticità anche al di là di questo o di quel Credo religioso.
            La mia generazione ha avuto modo, in buona percentuale,  di crescere forte di un bagaglio sano e concreto; oggi, purtroppo, non è così.
            Ed ora cerchiamo di scoprire perché “non è colpa dei giovani”.
La famiglia: non è più quella patriarcale di una volta con cui ci si riuniva intorno alla tavola per il pranzo e per la cena e per parlare,  ci si confidava con i genitori, e per i più fortunati anche con i nonni,  e le aspettative ed i problemi dei singoli componenti  non erano  più solo del singolo perché tutta la famiglia era unita nel farli propri e nel  cercare di risolverli.
           Oggi c’è poco spazio per parlare perché quella attenzione così preziosa e costruttiva è riservata per lo più alla televisione o al telefonino.
           Ne consegue che non c’è più dialogo se non quando  è ormai troppo tardi per riparare ciò che, nella maggior parte dei casi, non si è mai costruito.
           Una storia ormai troppo lontana, come quella di partecipare tutti insieme alla Santa Messa della domenica.
           La Fede, purtroppo, non è più quella ricca della speranza ma quella povera del bisogno.
           Difficile, pertanto, biasimare quei giovani che incapaci, spesso senza colpa, di affrontare la “realtà autentica” di tutti i giorni, si rifugiano in una “realtà virtuale” costruita artificialmente e da poter gestire a proprio uso e consumo.
            Tutto ciò non può che disorientare qualsiasi giovane e una famiglia poco presente è spesso causa di altri problemi, ove si consideri che spesso i giovani sono costretti a cercare dei riferimenti al di fuori del nucleo familiare  laddove, purtroppo, oggi i “cattivi consiglieri”, o “falsi profeti” che dir si voglia, non fanno certo difetto.
La scuola: “magistra vitae”, ma solo per i nostalgici, travolta dal vortice della società dei consumi ha visto gradualmente sminuito il ruolo di orientamento dei giovani per difetto di elaborazione culturale, e non certo in grado di stimolarne capacità critica ed autonomia di giudizio, inidonea ad inquadrare i fenomeni del presente e pertanto inadeguata ad indicare le giuste risposte ai problemi ed alle esigenze che si pongono nell’esperienza reale.
La società: non è , sinceramente, la globalizzazione che mi preoccupa più di tanto, ma è il ricordo di quell’Italietta che non c’è più; l’Italietta che i nostri nonni ed i nostri padri forgiarono forte e rispettata.
        Certo loro ne avevano viste e sofferte di tutti i colori, con due guerre in rapida successione e la “coscienza” di dover ricostruire per le loro famiglie una patria, una casa ed una società che fosse buona per tutti.
         Non si può negare che ci siano riusciti: gli anni sessanta raccontano della casa principale e, spesso, di una piccola per le vacanze, una macchina per la famiglia e poi, magari, anche una 500: tante cambiali e tanti impegni da rispettare, da onorare ed i nostri ci sono riusciti per le loro e per le nostre famiglie.
         Ma poi, negli anni a seguire, la certezza di un benessere, acquisito o trovato che fosse, e la sensazione di poter andare ben oltre limiti una volta impensabili ha rimesso tutto in discussione.
         Come possiamo colpevolizzare i giovani, se i riferimenti e gli esempi che riusciamo ad offrirgli con l’attuale società sono vergognosamente negativi ?
          Le famiglie li hanno lasciati camminare da soli troppo presto, la scuola non ha saputo indirizzarli trasmettendogli la ricchezza che può scaturire solo dall’apprendimento culturale delle proprie radici, non gli ha saputo dare la cultura dell’esperienza e viene spontaneo chiedersi se coloro che a questo sono preposti abbiano conoscenza della necessità di difendere la dignità dei giovani, e dell’uomo più in generale, minacciata da una sempre più incalzante cultura del disvalore.
         Certo, evidenziare i problemi è cosa sterile se poi non si trovano i giusti rimedi e ancora più grave sarebbe non  riconoscere i meriti dei molti giovani che nonostante le tante difficoltà hanno saputo reagire sopperendo ad un bagaglio spesso scarno con volontà e determinazione riuscendo a farsi valere, a conquistare lo spazio che hanno saputo meritare  cercandolo  spesso in altre città o addirittura in altri Paesi.
        Si potrebbe pensare che mi sia casualmente allontanato da quanto prevedeva il mio intervento, non è così ed anzi ritengo che questo mio approccio fosse opportuno per poter sottolineare, dare la giusta considerazione e fare di nuovo nostro, in una ideale partecipazione da rendere sempre più concreta, quel principio linfa vitale che è uno degli obiettivi primari della grande famiglia della Norman Academy:
    ….servire e migliorare la società senza mai prescindere dal bene più grande  che innegabilmente ne costituisce le fondamenta: la cultura !
        Anche questa volta i nostri accademici hanno calcato giustamente la mano, infatti hanno rigenerato la storia più vicina a noi fatta di antichi luoghi, spesso di sentieri dimenticati e non solo per difendere un grande patrimonio culturale ma anche per riscoprire noi stessi, quasi a darci l’illusione, percorrendo i viottoli della Via Francigena, di percepire il bisbiglio di antichi viandanti bramosi di conoscere e di credere: i nostri Pellegrini.
        Ma gli accademici non si sono accontentati, sono partiti da lontano e hanno dato a questa loro opera la benedizione della Fede; non si può, infatti, sperare di accompagnare i Pellegrini da Canterbury a Roma, a Brindisi o, per i più fortunati, in Terra Santa ad onorare Nostro Signore per ricevere un secondo battesimo, senza condividerne l’afflato mistico e la fede incrollabile in un percorso puramente devozionale dove era necessario, per rispettare l’aspetto penitenziale, andare a piedi.
        Fede incrollabile, forza di volontà, credere in se stessi e nei propri obiettivi, la libertà di aiutare il prossimo: bagaglio essenziale per un pellegrinaggio d’epoca medioevale ma irrinunciabile per quel pellegrinaggio che è la vita di tutti i giorni e che ai giovani spesso non viene opportunamente consigliato ed esemplificato con la divulgazione di quella cultura che per poter essere un loro diritto acquisito dovrebbe essere già stato un nostro dovere eseguito.
Montefiascone  -  Via Francigena  -  Aprile 2012
Don Riccardo
28/05/2022
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