2024 - ETTORE LEMBO NEWS

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L’Europa si suicida se metterà l’aborto
nella sua Carta fondamentale!
Il diritto all’aborto va inserito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: è quanto ha deciso nei giorni scorsi il Parlamento europeo con un voto nel quale ha prevalso la maggioranza “progressista” con 336 “sì”, 163 “no” e 39 astenuti. Il fatto curioso e drammatico di questa decisione è che – se lo notate – non si trattava da parte dei parlamentari europei di ribadire il diritto all’aborto, il quale praticamente è presente in tutte le legislazioni nazionali con modalità molto libere, salvo in Polonia e a Malta dove permangono delle restrizioni.

No, la vera novità è che tale diritto a interrompere una gravidanza diviene – nei desideri delle sinistre e dei “liberal” europei (Macron e simili) – non più soltanto una possibilità ma addirittura un valore fondamentale e “fondante” della identità europea.

Capite in quale abisso di abiezione morale siamo caduti? Nel giro di pochi decenni siamo passati dall’aborto come crimine da vietare e punire (perché si riconosceva che con esso, fatto clandestinamente, si sopprimeva una vita), all’aborto ammesso legalmente con l’argomentazione di tutelare la vita delle donne, non più costrette ad affidarsi alle “mammane” o a medici compiacenti che agivano di nascosto contro la legge e a pagamento; fino a questo ultimo “traguardo” assolutamente folle e delirante in cui una maggioranza parlamentare di sinistra pretende di affermare che l’aborto divenga un diritto fondamentale, un “baluardo” della civiltà moderna e al quale nessuno possa più opporsi in alcun modo. Infatti, nella risoluzione votata a Bruxelles si prevede di limitare l’obiezione di coscienza di medici e sanitari, di prevedere procedure obbligatorie nei percorsi formativi di medici e ostetrici perché l’aborto divenga una competenza e una prassi diffusa a tutti i livelli sanitari, e infine di vietare il finanziamento da parte della UE alle associazioni e realtà che diffondano valori anti-abortisti e anti-gender.

Se ci pensate, siamo tornati – almeno per ora soltanto con una dichiarazione di principio che per diventare legge dovrà essere approvata dal Consiglio europeo e poi assunta dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione – a una specie di eugenetica nazista: a quell’epoca i seguaci di Hitler teorizzarono l’inferiorità delle razze ebraica, rom, degli omosessuali e di persone con handicap vari. Oggi si teorizza la “superiorità” di donne e uomini europei adulti che si arrogano il diritto di decidere se il nascituro (che loro stessi hanno suscitato in vita unendosi sessualmente) sia degno oppure no di maturare nel grembo materno.

E’ un “mondo al contrario” – come direbbe il generale Vannacci – dove la soppressione di una vita non viene più timidamente definita “interruzione della gravidanza”. Qui, secondo i macroniani e socialisti vari, si ritiene invece che finalmente ci sia la conquista di civiltà piena: le donne sarebbero a questo punto libere di disporre in maniera assoluta del proprio corpo e della propria libertà sessuale, senza più quel vincolo morale di dover un po’ di nascosto porre termine a una vita nascente la cui unica “colpa” è quella di essere nata dentro il corpo di una donna che non intende (insieme al proprio partner) assumersi la responsabilità connessa a ogni rapporto sessuale: quella che possa nascere un bambino!

Di fatto dietro a questa dichiarazione europea si nasconde il sottile e indicibile intento delle sinistre di rendere l’aborto obbligatorio spazzando via le residue resistenze di medici obiettori, dei difensori della vita vari (tipo l’associazione Pro Vita & Famiglia di Jacopo Coghe che ha fatto girare a Bruxelles un camion vela con le parole: “To kill a baby is not a fundamental right”). Se la direttiva si tramutasse in legge costituzionale europea, Pro Vita non potrebbe più fare tale pubblicità ma anzi verrebbe messa fuori legge e il suo presidente Coghe forse verrebbe incarcerato!

Vediamo come hanno votato i parlamentari italiani eletti a Bruxelles: a favore dell’aborto come “diritto fondamentale” si sono espressi Pd, Verdi, Cinque Stelle, + Europa, Azione, Italia Viva, con i voti aggiuntivi di Alessandra Mussolini e Lucia Vuolo di Forza Italia e di Gianna Gancia della Lega.

Contro si sono espressi Forza Italia (escluse le due “dissidenti” qui sopra), la Lega (esclusa la Gancia) e Fratelli d’Italia. Insomma, a destra si vota per la vita e contro l’assassinio dei bambini; a sinistra invece allegramente si brinda alla fine della civiltà europea fondata e costruita attorno ai valori giudaico-cristiani e alla democrazia sostanziale secondo la quale ogni “cittadino” ha gli stessi diritti e quindi nessuno può pensare di sopprimerlo.

L’Europa di oggi esprime questo folle delirio autodistruttivo, le femministe sono contente, i maschi ancora di più perché potranno fare all’amore con donne che avranno sempre meno remore e sensi di colpa nel “far sparire” le prove di questo atto d’amore, con la benedizione delle costituzioni europee.

Siamo alla pazzia politica e culturale di un continente – il nostro – del quale andavamo fieri e che invece oggi si è messo alla testa della schiera dei lestofanti della politica che ritengono di poter decidere della vita e della morte dei propri figli, con la stessa superficiale barbarie di Hitler, Stalin e Pol Pot.

Complimenti Europa: se non correggerai la tua rotta sei destinata a scomparire o a essere invasa … come del resto sta già avvenendo!
Il Credente
15/04/2024
Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco?
Svolta a destra?
Ma cosa sta succedendo a Papa Francesco? Svolta a destra? Torna ai “valori non negoziabili” che aveva quasi disprezzato? Diventa di colpo “ratzingeriano”? Si è reso conto che dopo “Fiducia Supplicans”, sulle benedizioni alle coppie irregolari e coppie gay, sta rischiando di perdere la stima e il seguito di milioni di fedeli?

Sono le domande legittime che in molti si sono posti dopo l’uscita, qualche giorno fa, del nuovo documento “Dignitas Infinita” che affronta diversi temi etici e sociali attorno ai quali si sviluppa la contesa politica in ogni parte del mondo: parliamo di aborto, maternità surrogata, teoria del “gender”, suicidio assistito, eutanasia, transessualismo,  insieme a temi più “sociali” quali guerra, povertà, migranti, violenza alle donne, tratta di esseri umani, discriminazioni etniche, religiose ecc.

Conoscendo Papa Francesco come lui stesso si è fatto conoscere da undici anni a questa parte, suscita una certa curiosità questa uscita magisteriale a firma del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Victor Manuel Fernandez, nella quale sembra di essere tornati “quasi” all’epoca di Papa Ratzinger che insisteva nell’annuncio di quei valori della dignità umana che venivano e vengono ancora oggi (anzi oggi più che mai) contrastati dal pensiero “progressista”: la vita che si pretende di interrompere e manipolare a piacimento, il sesso che non è più considerato un dato biologico nativo immodificabile, ma si ritiene  che possa essere considerato una variabile sostituibile col “desiderio” di essere nel sesso opposto (vedi leggi che puniscono chi rifiuta di chiamare al femminile un maschio che “si sente donna”, o viceversa, tipo la recente legislazione scozzese).

Insomma, siamo entrati nel regno della totale ambiguità e dell’oscuramento delle sicurezze che per millenni avevano garantito la stabilità del genere umano: i maschi sono maschi, le femmine sono femmine, si nasce da un uomo e una donna, la morte è un fenomeno (purtroppo) iscritto nella natura e nessuno può e deve provocarla, favorirla, ispirarla perché – lo dicono la quasi generalità delle culture religiose – la vita appartiene in ultima analisi a Dio che ce la ha donata e solo Lui può decidere quando togliercela.

Questo nuovo documento “Dignitas infinita” può essere facilmente ritrovato nel sito internet del Vaticano (vatican.va) e ognuno potrà leggere quanto il Papa pensa sull’aborto, sul gender, sul suicidio assistito e via discorrendo. Verrebbe da dire che – finalmente! – il Papa torna a fare il Papa, dice “cose cattoliche” invece che inseguire - come ha fatto sin dalla sua elezione con le prime intervista a Scalfari su “Repubblica” (le ricordate?) – la cosiddetta “agenda progressista” pompata dagli ambienti di sinistra di mezzo mondo, Italia compresa.

Occorre però stare attenti: il Papa argentino non è un personaggio che tanto facilmente cambia idea. Possibile che voglia rinunciare alle sue posizioni espresse sin da subito, tipo “chi sono io per giudicare?” alla domanda se il comportamento gay sia da condannare?

Che non intenda arretrare, lo dimostrano le dichiarazioni del card. Fernandez proprio riguardo al catechismo e alla definizione dell’atto omosessuale come “intrinsecamente disordinato” e quindi gravemente peccaminoso. Fernandez ha glissato, di fatto confermando che sulla omosessualità non si torna indietro e si va verso una progressiva “normalizzazione” (cioè che sia un fenomeno naturale da accettare, e non più un grave peccato da condannare).

Francesco, del resto, con questo nuovo documento non ha rinnegato la dichiarazione “Fiducia supplicans” sulla benedizione delle coppie gay, ma più semplicemente ha “corretto il tiro” per ingraziarsi quella ampia fetta di dignitari vaticani (cardinali, vescovi, teologi) che avevano rumoreggiato all’uscita del primo documento che pareva distruggere duemila anni di insegnamenti morali della Chiesa.

Il Papa sa bene che non può tirare troppo la corda, ha capito che lo aveva fatto e che la sollevazione popolare dei fedeli, guidati da preti e vescovi che hanno deciso di uscire allo scoperto, poteva diventare per lui troppo pericolosa. Il suo pontificato, proseguendo su quella via così “disruptive” (direbbero gli americani) avrebbe potuto passare alla storia come una sorta di grande eresia da dimenticare o addirittura poteva spaccare in due la Chiesa con uno scisma (vedi protesta di tutti gli episcopati africani) lasciando di lui un ricordo triste e deplorevole, quasi una specie di novello “Papa Borgia” dei nostri tempi, proclive a benedire tutti i peccati, specie i più gravi perché condannati dai Dieci Comandamenti.

Insomma, il consiglio è di leggere questo documento, meditarlo e vedere se i “valori non negoziabili” di sempre vi sono davvero contenuti. Quello che tutti i fedeli sinceri esigono da Papa e Vescovi è che non siano ambigui: se dicono “sì” sia “sì”; se dicono “no” sia “no” … perché il Vangelo prosegue: “… tutto il resto viene dal demonio”. E allora avanti con la chiarezza delle posizioni, se questo è lo spirito del documento, senza piegarsi alle attese e alle pressioni del mondo!
Il Credente
1104/2024/
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Per consultare il documento vedere:
vatican.va
oppure Ecco “Dignitas infinita” – Aldo Maria Valli
Perché non si fanno più figli?
Ci sono alcuni temi sociali che hanno un fortissimo risvolto personale, addirittura di natura molto “intima”: uno di questi è la bassa natalità in Italia.

E’ un tema sociale in quanto c’è una diffusa preoccupazione per il progressivo calo delle nascite registrato nel nostro paese a partire da una decina di anni a questa parte: le statistiche più recenti parlano di meno di 400 mila nati all’anno per gli ultimi due-tre anni, che se confrontati con i 700-800 mila di un paio di decenni fa evidenziano lo sfondamento all’ingiù del necessario “tasso di sostituzione” che dovrebbe essere di almeno 2,1 figli per donna. Da noi la media è 1,24 figli per donna, cioè largamente al di sotto della soglia di mantenimento numerico di un popolo. E neanche servono gli immigrati, regolari o irregolari che siano, i quali certo fanno mediamente più figli degli italiani, ma che poi mostrano, nel medio termine, la tendenza ad assumere le “abitudini” demografiche del popolo che li ha accolti.

In Europa fa eccezione la Francia che, per le sue ricche politiche sociali e di sostegno alla genitorialità, vede al momento una discreta propensione delle donne ad avere figli: Oltralpe siamo a 1,8 figli per donna anche se – a dire il vero – occorrerebbe scomporre i dati interni per gruppi etnici e di nazionalità presenti sul suolo francese. Potremmo così scoprire che la foltissima comunità di immigrati africani e mediorientali presenti tiene un po’ artificialmente alta la bandiera di paese che sostiene le nascite.

Sta di fatto che, praticamente tutti i paesi del vecchio continente stanno soffrendo in questi ultimi decenni di un preoccupante calo naturale della popolazione, solo parzialmente compensato dagli arrivi di migranti.

Veniamo quindi al secondo aspetto legato alla natalità in Italia: quello più “intimo”. Qui si entra nel vivo delle problematiche psico-affettive ormai diffuse a larghi strati dei giovani-adulti del nostro paese. Il panorama dei comportamenti di ragazze e ragazzi dei nostri giorni è piuttosto chiaro e standardizzato. Rispetto ai molti “tabù” di qualche decennio fa, i giovani hanno man mano assunto modalità relazionali aperte e disinibite: il sesso anche al primo incontro ormai pare sia una cosa quasi ordinaria, salvo poi avere ripensamenti repentini e rompere l’idillio magari già al secondo appuntamento. Oltre al generalizzato crollo delle remore morali e religiose di un tempo, forse un fattore scatenante questa rivoluzione comportamentale è stato dovuto all’utilizzo su larga scala degli anticoncezionali oltre che delle app di “dating”.

Essendo venuti meno gli ambiti un tempo in grado di selezionare i candidati a un fidanzamento più o meno “garantito” (comunità parrocchiali, quartieri dove ci si conosceva un po’ tutti, parentado allargato, gruppi amicali che vivevano più o meno all’interno di uno spazio collettivo riconoscibile e familiare) ecco che i giovani del terzo millennio si trovano a dover sperimentare per la prima volta in maniera sistematica la ricerca del o della partner un po’ alla cieca, fidandosi di strumenti quali le suddette “app” del cellulare, sperando che i candidati che vi si registrino non siano dei criminali potenziali dai quali sarebbe stato meglio stare alla larga …

Il risultato di questo nuovo contesto socio-psicologico è che i giovani in età – una volta si sarebbe detto – “da marito” o “da moglie” oggi sono costretti a fare continui tentativi per conoscere persone che vengono da contesti spesso sconosciuti, con esperienze familiari alle spalle altrettanto spesso segnate da dolori, tensioni dei genitori, separazioni e divorzi, quindi con esempi che tutto fanno fuorché indurre a un fiducioso cammino preparatorio a “metter su famiglia” (come si diceva una volta) in maniera serena e costruttiva.

Ci poniamo quindi alcune domande precise.

Perché si tende ad avere relazioni frequenti e piuttosto instabili e incostanti, invece di puntare a costituire coppie “robuste” e desiderose di dare vita a una famiglia? Perché, se si decide di tentare comunque un qualcosa di simile a una famiglia, si va a convivere, senza assumersi gli impegni di un matrimonio civile o religioso e che pone comunque dei vincoli stringenti? Perché si fanno pochi figli, uno al massimo e per lo più in età avanzata, e spesso si preferisce scegliersi un cane piuttosto che affrontare il rischio di un neonato da far crescere?

Secondo lo psichiatra Paolo Crepet, intervenuto nei giorni scorsi a un convegno a Roma promosso da Farmindustria, “il problema è soprattutto la felicità. Se sei felice – ha detto - un figlio lo fai, indipendentemente dagli aiuti o dai sussidi”. Ha poi aggiunto che “le primipare oggi hanno di norma 35 anni, nessuno si stranisce se ne hanno 45, ma c’è anche chi fa i figli a 60 anni. Ma questo è egoismo, perché ogni ragazzo ha il diritto di vivere e crescere con persone vive, non cariatidi”.

Su questi aspetti “intimi” delle decisioni che ragazzi e ragazze assumono circa la gestione della propria affettività, sessualità e genitorialità, a questo punto entrano in gioco delle considerazioni legate al ruolo svolto in passato dalla educazione religiosa all’interno del popolo italiano, rispetto a quanto avviene oggi. La Chiesa con le sue strutture territoriali (parrocchie, associazioni, oratori, centri giovanili) ha visto via via venire meno le presenze dei giovani, diminuire i catechisti e animatori, abbandonare la pratica delle messe e quella sacramentale delle confessioni e della guida spirituale.

Oggi è rarissimo trovare preti che offrano un servizio continuo e conosciuto di affiancamento dei giovani sia per le confessioni sia per un franco dialogo sulle scelte di vita più impegnative. I giovani non cercano più questo “servizio”, se non una minoranza, e quasi del tutto è scomparso a livello di coscienza collettiva il concetto di scelta tra il bene e il male, che invece, fino a tre-quattro decenni fa aveva accompagnato la messa a punto dei comportamenti e dei valori di riferimento.

Soprattutto, oggi è quasi del tutto scomparso un fattore che invece aveva rappresentato un potentissimo slancio verso il futuro: quello della “divina provvidenza”, cioè l’aiuto di Dio atteso e confidente che aveva permesso alle generazioni dei nostri padri di mettere su famiglia senza pressoché alcuna sicurezza di quelle che oggi cerchiamo. Eppure, in quelle situazioni di vera povertà, le famiglie avevano cinque-sei o anche più figli. Tutti mangiavano, crescevano, lavoravano sodo, facendo grossi sacrifici sin da piccoli, ma impostando una vita basata sull’impegno personale e su un solido quadro di valori di fondo.

Forse è questo il vero fattore che scoraggia le nascite oggi: le giovanissime generazioni di oggi sono figlie dei “boomers” degli anni 60-70, dei cosiddetti “sessantottini”, impregnati di materialismo e relativismo etico. Queste generazioni della rivoluzione sessuale e del sinistrismo tipo lotta continua e potere al popolo non sono state in grado di passare ai propri figli quei valori di impegno e sobrietà che avevano pure visto ed ereditato dai propri genitori. E così il risultato è che questi venti-trentenni dei nostri giorni non hanno un riferimento spirituale trascendente (la “divina provvidenza” che interviene nella vita di tutti gli uomini) e non possiedono nemmeno quel riferimento di perseveranza tenace che ha consentito ai propri genitori di combattere per la propria crescita e affermazione culturale, sociale e professionale.

I nostri giovani attuali ritardano le scelte, le scansano quando sono molto impegnative come quella di mettere al mondo dei figli, non perché “non sono felici” come afferma Crepet, ma perché non hanno la forza interiore di combattere duramente per i propri sogni. E non hanno soprattutto la convinzione profonda che molto del personale successo dipenda da ciascuno di noi, ma altrettanto che si possa contare sulla bontà di Dio che non fa mancare il suo aiuto a coloro che cercano il bene vero nella vita.

Il fallimento di una società che non fa più figli (o che comunque ne fa troppo pochi) dipende in ultima analisi dalla rinuncia alla speranza e dall’accontentarsi di “benefit” immediati (il rapporto sessuale facile e furtivo, piuttosto che il patto di lungo termine tra un uomo e una donna maturi che guardano al domani). E così facendo la società si condanna alla sterilità e alla auto-distruzione.
Il Credente
18/03/2024
La Chiesa oggi tra rischi nucleari, una geopolitica
in ebollizione e l’incapacità di “graffiare” il potere
Sarà che papa Francesco si era definito “un po’ sinistrino”, sarà che ha pubblicamente elogiato figure della sinistra italiana ed internazionale, sarà che ha assunto in varie occasioni posizioni politiche ed etiche tipiche dei partiti progressisti occidentali, sarà che a più riprese ha mandato strali ai politici e governanti “sovranisti” e “populisti”, sta di fatto che il ruolo internazionale della Santa sede in questi ultimi anni si è andato modificando e anche un po’ appannando, almeno presso l’opinione pubblica più cattolico-conservatrice. Nell’insieme, sembra che oggi la Chiesa non graffi più il potere, o lo graffi meno,  non costituisca più la coscienza critica che ricorda ad esempio i valori supremi della vita e della dignità del nascituro, o del malato terminale, che quasi si astenga dal dire la sua davanti a leggi quali quelle sull’aborto, l’eutanasia, le pratiche eugenetiche, i “matrimoni” gay, il cambio di sesso e così via. E del resto sono lontani gli anni dalla “caduta del muro di Berlino”, quanto una figura come quella di Giovanni Paolo II, poi canonizzato, teneva a bada sia il gigante americano, sia l’orso sovietico e poi non le mandava a dire anche agli organismi internazionali (Onu e similari) quando si trattava di difendere la dignità umana dove fosse schiacciata o non riconosciuta.
Oggi con Papa Francesco l’accento non cade più, come succedeva con Papa Benedetto XVI, sulla “dittatura del relativismo”, anche perché il pontefice argentino ha pubblicamente preso le distanze dai “valori non negoziabili”, di fatto restringendo l’attenzione della Chiesa su problematiche quali emarginazione, sottosviluppo, immigrazione, ecologia, e silenziando le battaglie etiche dei suoi due predecessori sui temi della famiglia e della vita.
Si è diffuso un certo rammarico per il fatto che, di fronte a un mondo che sta andando in fiamme come il nostro di oggi, con minacce concrete di far intervenire truppe Nato in Ucraina da una parte e, come risposta, di poter utilizzare le armi nucleari tattiche dall’altra (Putin nel suo ultimo discorso), la voce della Santa sede appaia piuttosto flebile, scontata, non più così autorevole e rilevante come è stata negli ultimi decenni.
Non si può dire che il Papa faccia mancare appelli ed esortazioni anche appropriate alla delicatezza del momento: sia verso Israele e i palestinesi di Hamas, sia nei confronti dei due stati “cugini” Russia ed Ucraina che sono in guerra da due anni, Francesco ha continuato a far sentire la propria voce in favore di un cessate il fuoco e per avviare trattative di pace. Ma, tra gli osservatori internazionali, l’opinione prevalente è che ormai si tratti soltanto di scontati pronunciamenti per niente in grado di suscitare ripensamenti da parte dei contendenti e l’avvio di concrete trattative di pace.

Una gigantesca “Ong” pro-migranti?
Quindi eccoci, come cattolici, di fronte al dilemma: questo Papa vuole forse ammainare bandiera bianca nei confronti della storia del mondo, riducendo la Chiesa a una specie di gigantesca “Ong” che si preoccupa soprattutto dei migranti irregolari da accogliere ad ogni costo? Oppure, il venir meno da parte di Francesco degli strali pubblici nei confronti dei governi e dei partiti laicisti che propugnano il relativismo etico, col corollario di aborto, matrimoni gay e analoghe amenità, significa che sta cambiando nel profondo la dottrina cattolica?
Le domande sono lecite in quanto il pontefice regnante, in sostanza, in nome della “inclusività” che va tanto di moda, asserisce che bisogna accogliere “tutti, tutti, tutti” e quindi dentro senza condizioni e tantomeno senza l’impegno personale a convertirsi e a cambiare vita, per coloro che si trovano in situazioni lontane dallo stato di vita richiesto dal Vangelo (basti pensare alla dichiarazione “Fiducia supplicans” e alle benedizioni alle coppie irregolari che tanto ha fatto discutere!) e – dice in sostanza Francesco – prima accogliamo comunque tutti e poi … si vedrà.
I fedeli cattolici più tradizionali sono sconcertati, non sanno che pesci pigliare perché si ritrovano– oggettivamente – davanti a novità troppo grosse per digerire un cambiamento epocale di questa portata, soprattutto considerando il tenore dottrinale e teologico dei due papi precedenti.
Se questo risulta il quadro valoriale complessivo che connota il pontificato di Francesco ad ogni livello, tornando più specificamente agli aspetti geopolitici internazionali, l’anno 2024 – come tutti sappiamo – si caratterizzerà per una serie di eventi di vasta portata “storica”. Infatti avremo in pochi mesi e in serie le elezioni in Russia il prossimo 17 marzo, quelle per il Parlamento europeo l’8 e 9 giugno e quelle per il presidente degli Stati Uniti il 5 novembre. Senza contare altre competizioni elettorali in varie parti del mondo di non minore rilevanza per le eventuali modifiche che gli esiti elettorali potrebbero comportare per lo scacchiere geopolitico mondiale.

Il 2024 “super anno elettorale”
Assisteremo quindi a una sorta di “super anno elettorale” nel quale potrebbero cambiare gli equilibri politici planetari, alcuni ritengono con il possibile prevalere di raggruppamenti e personalità espressione del mondo dei conservatori, dei “sovranisti” e dei “populisti” (definizioni queste ultime due tra virgolette, usate spregiativamente dalla politica e dalla stampa progressiste per bollare con marchio di infamia chi non la pensa come loro). In una parola, il mondo potrebbe “svoltare a destra”, con una sorta di palpabile terrore che si avverte nelle schiere della sinistra mondiale.
Ebbene, guarda caso il Papa la pensa proprio così: non solo ha fatto capire in più occasioni di essere vicino alle visioni globaliste e ambientaliste (stile Bill Gates e Greta Thunberg, per intenderci) ma si è anche espresso senza troppi infingimenti contro i “sovranisti” e i “populisti” vari (italiani ed internazionali) e invece in favore dell’immigrazionismo più puro. Non soltanto lo sostiene in prima persona appena può, ma lo lascia dire apertamente dai suoi più fidati collaboratori, cardinali e vescovi, mentre vengono tacitati o emarginati gli ecclesiastici legati alla tradizione di una Chiesa cattolica che non prenda posizione ma si comporti come “coscienza critica” verso tutte le parti che si contendono il potere, a qualunque latitudine.
In questi ultimi anni siamo stati testimoni di come alcune tra le figure più discutibili del fronte progressista (pensiamo ai “dem” americani filo-abortisti e filo unioni gay e pro-woke) abbiano da lui ricevuti baci e abbracci, e appena usciti dall’udienza papale, di come si siano sentiti implicitamente autorizzati a dichiarare pubblicamente che il pontefice è “con loro”.
Bisogna ammettere che siamo davanti a un pontefice sconcertante. La sua visione politica internazionale sembra aver sbilanciato la Chiesa dalla parte di quelli che una volta erano considerati i “nemici” tradizionali della Chiesa stessa (pensiamo alla Cina comunista, con cui la Santa sede ha firmato degli accordi che appaiono, nei loro effetti concreti, lasciare l’ultima parola per la nomina di vescovi e per la gestione delle politiche religiose interne al paese, ai funzionari del partito comunista cinese!).
Va tuttavia anche riconosciuto che alcuni interventi di natura politico-diplomatica dell’era Francesco hanno avuto una certa rilevanza: ad esempio la mediazione tra Cuba e gli Stati Uniti nel 2014, che ha portato al ripristino delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi dopo oltre 50 anni di embargo e isolamento. Oppure anche l’impegno per la pace in Colombia, Siria, Venezuela, Corea, come i già citati interventi in Ucraina e in altri contesti di guerra o di tensione, tramite appelli, visite, incontri, inviati speciali e iniziative umanitarie.
Francesco ha anche sorpreso (secondo alcuni in negativo) per aver firmato un accordo con il Grande Imam di Al-Azhar: si tratta del Documento sulla Fratellanza Umana, per favorire il dialogo interreligioso con l’Islam dopo gli anni terribili del terrorismo in Europa e nei paesi medio-orientali e africani (dove a dire il vero lo stesso terrorismo islamico è ancora molto attivo, con centinaia di vittime cristiane anche in questi ultimi mesi).

Una Chiesa non più “sopra le parti”?
In conclusione potremmo dire che la visione geopolitica che il pontefice ha impresso, tramite le sue iniziative e l’opera delle sue nunziature in giro per il mondo, colloca oggi il Vaticano su un crinale particolare: non è più (come lo era un tempo) quell’entità morale e culturale sopra le parti largamente rispettata e quasi “temuta”. Oggi la Santa Sede appare come un po’ inusualmente “schierata” a sinistra e comunque in favore di posizioni globaliste.
Allo stesso tempo permane un certo diffuso rispetto nei confronti del Vaticano come entità religiosa che “controlla” (si fa per dire!) circa un miliardo e mezzo di fedeli sparsi nei cinque continenti.
Con l’usuale dose di cinismo storico e diplomatico, nelle cancellerie di tutto il mondo è ben diffusa la locuzione “Morto un Papa se ne fa un altro” e quindi i grandi protagonisti globali stanno guardando a questo pontefice ormai anziano e piuttosto cagionevole in salute, per capire cosa succederà qualora si rendesse necessario indire un conclave per l’elezione del suo successore.
Ormai i cardinali elettori italiani ed europei sono ridotti di numero e sui 120 potenziali da qui a due-tre anni, gli europei non rappresenteranno più la consueta maggioranza che avevano un tempo. E’ possibile che arrivi un altro Papa “dalla fine del mondo”, magari dall’Asia profonda o dell’Indo-Pacifico (tipo dalle Filippine), come piuttosto dal Sud-America di nuovo (in tal caso è probabile che si potrà trattare di una potenziale “fotocopia” di Francesco), oppure venga scelto qualche inatteso outsider da qualche paese della laicissima nord-Europa o della lontanissima Oceania (chi lo sa?).
Comunque sarà, in molti auspicano che il futuro pontefice sia un po’ meno “sinistrino”, anche se ci sono buone probabilità che lo sia perché ormai più di due terzi dei cardinali votanti sono stati da lui eletti ed è immaginabile che siano della sua stessa “pasta” politica.
Come fedeli dell’unica Chiesa fondata da Gesù duemila anni fa, ci auguriamo che questa stessa Chiesa non si faccia travolgere dal dilagante “politically correct” e che non prenda una piega rivoluzionaria, demolendo il suo bimillenario messaggio di amore. Quindi, attendiamo fiduciosi augurando “lunga vita al Papa”, con sincera deferenza.
Il Credente
03/03/2024
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