POLITICAMENTE SCORRETTO - ETTORE LEMBO NEWS

Title
Vai ai contenuti
Politicamente scorretto
Il patriarcato è stato un sistema sociale basato su ruoli precisi ove, ad un occhio distratto, il “potere” veniva detenuto in via prioritaria dalla figura maschile.
Il “potere”, di questo si parla nel patriarcato.
“Potere”, parola da interpretare, parola che definisce “l’avere la responsabilità di prendere decisioni finalizzate a garantire ad una comunità stabilità e benessere”.
Il “potere”, per chi lo deve esercitare, è una “responsabilità”, non una posizione che determina “diritti”. In realtà determina “obblighi per chi lo esercita”.
Questo sia nel sistema sociale nella sua interezza, sia nel nucleo famigliare.
Nulla a che vedere con la “violenza”.
La figura maschile “violenta”, violenta contro la figura femminile o la progenie, non lo è a causa di una cultura “patriarcale”, lo è perché insicuro del suo essere, insicuro del suo ruolo nel sistema sociale che lo vede inserito, incapace di svolgere i suoi “doveri”, incapace di “esistere”.
Il “violento” nella vita con l’altro sesso o con i figli, è una persona malata, non un “patriarca”.
Il “violento” è il “padre padrone” ben rappresentato da Grazia Deledda.
Il “violento”, nel sistema sociale della “coppia”, è solo un “fallito”.
Il patriarcato aveva nella “coppia” il punto cardine, coppia basata sul rispetto, non sulla violenza.
Il patriarcato si basava sulla famiglia tradizionale, quella di un uomo ed una donna che decidevano insieme, senza ne violenza ne imposizioni, di unirsi con il fine di costruire un futuro e procreare, far crescere i figli all’interno di una cultura basata su valori condivisi.
Io, sempre “cittadino semplice”, uomo  di cultura cristiano liberale, con valori fortemente legati alla famiglia tradizionale, persona che ha nella cultura della condivisione e del confronto il suo punto di riferimento, certamente “maschio” ed altrettanto certamente essere vivente che aborra la violenza come strumento di coercizione della volontà altrui, io non riesco a comprendere quale sia il legame fra la “violenza nei confronti delle donne” ed il “patriarcato”.
Ovviamente se il significato, l’etimologia della parola, la radice reale e profonda della stessa, è ben conosciuta, oserei dire studiata, e coerentemente utilizzata nel ragionamento.
Per essere chiari, come a me “cittadino semplice” sovente capita di compulsare, patriarcato, sul Treccani, viene definito “tipo di organizzazione familiare a discendenza patriarcale, in cui cioè i figli entrano a far parte del gruppo cui appartiene il padre, dal quale prendono il nome, i diritti, la potestà che essi trasmettono al discendente più diretto e vicino nella linea maschile” e solo in modo estensivo, cioè senza vere origini culturali e storiche ma basato sull’uso quotidiano del termine, “complesso di radicati e sempre infondati pregiudizi sociali e culturali che determinano manifestazioni e atteggiamenti di prevaricazione, spesso violenta, messi in atto dagli uomini specialmente verso le donne”.
La versione “estensiva” si è determinata da un uso “volgare” del termine.
Come non dare atto che In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, difficilmente non può non avere memoria della propria mamma che lo richiamava ai propri doveri, alle proprie responsabilità commisurate all’età, ai risultati scolastici, al rispetto degli anziani, al dovere di collaborare al mantenimento del decoro della casa.
Come non dare atto che In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, difficilmente non può non avere memoria della propria mamma che, allorquando il comportamento del giovane diveniva eccessivo, “minacciava” di “dirlo a papà”.
Essere “padre” era altrettanto importante di essere “madre”, fra i due “genitori” vi era condivisione valoriale e “gioco di squadra” in tutto, ancor più nella educazione dei figli.
Il “patriarca” svolgeva il ruolo di “cassazione”, era il gioco delle parti fra due esseri umani, il padre e la madre, che si amavano e rispettavano.
In famiglia, chi ha i capelli bianchi come me, nella quasi totalità, ha certamente memoria del proprio padre dire, con voce ferma ed austera, “lo ha detto la mamma”. Questo metteva la parola “fine” ad ogni velleità del “pargolo”.
Uso la parola “pargolo” nell’ accezione usata con il “neutro latino”, non vorrei mai che qualche “ben pensante” poco avvezzo con la cultura e molto con l’ideologia’ offendesse la propria intelligenza dandomi del “omofobo”.
Non la mia “intelligenza”, che peraltro è nella media, la “sua intelligenza”.
Il “suo” pressapochismo nella comprensione profonda dei messaggi.
Lo ho scritto sin dal titolo di questo mio intervento, in queste mie righe ho scelto di essere “politicamente scorretto” e, spero, di dare l’esempio ai moltissimi che, certamente meno “arroganti” di me, sono stanchi delle tante manipolazioni di linguaggio ma, ad oggi, non hanno il coraggio di dire che si sono stufati di questa censura denominata “politicamente corretto”.
Censura che una minoranza impone a molti tacciando i secondi di “sessismo”.
Censura che supera il livello del “possibile” e sfocia nell’ideologia alla “Cetto La Qualunque” allorquando si cerca di mettere in discussione addirittura i cartoni animati.
Fatto nobilitato dal parlare addirittura in dotte sedi universitarie.
Il Corriere della Sera ci riporta un monologo dell’attrice Paola Cortellesi in cui la stessa affronta il sessismo nelle fiabe dichiarando che “se Biancaneve fosse stata una cozza, il cacciatore non l’avrebbe salvata”.
Io, sempre “cittadino semplice”, mi domando se è più “sessista” questa affermazione o il fatto che Biancaneve è stata disegnata “magra e bella”?
L’attrice, evidentemente non paga della banalità precedente, ha continuato domandandosi sul “perché il principe ha bisogno di una scarpetta per riconoscere Cenerentola, non poteva guardarla in faccia?”.
Ancora “Biancaneve faceva la colf ai sette nani”.
Amenità, così si usava definire queste affermazioni un tempo.
Oggi alcuni, non tutti, le prendono “sul serio” e le tramutano in dibattito universitario.
Mi chiedo, sempre da “cittadino semplice”, di chi la “colpa”?
Certamente quando avevo i capelli fluenti e non canutì, nelle università, si volava più alto.
Ignoto Uno
15/01/2024
.
Torna ai contenuti