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QUANDO L'OMISSIONE DIVENTA EPIDEMIA - ETTORE LEMBO NEWS

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Quando l’Omissione Diventa Epidemia:
La Storica Sentenza n. 27515/2025 della Cassazione

Il 28 luglio 2025 è stata depositata una delle decisioni più rilevanti degli ultimi anni nel campo della responsabilità penale sanitaria: la Sentenza n. 27515/2025 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha stabilito – in modo netto e definitivo – che il reato di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva. Un principio che potrebbe rivoluzionare l'approccio giudiziario a tutte le situazioni di mancata prevenzione sanitaria, soprattutto nel contesto di emergenze epidemiologiche come quella vissuta durante la pandemia da SARS-CoV-2.

All’origine della pronuncia vi era il ricorso proposto dalla Procura contro l’assoluzione, in primo grado, di un dirigente sanitario accusato di non aver adottato, nei primi mesi del 2020, le misure necessarie per proteggere il personale e i pazienti di un ospedale pubblico: mancata fornitura di dispositivi di protezione individuale, formazione insufficiente, omissione di protocolli anticontagio. Il giudice di merito aveva escluso la responsabilità penale, ritenendo che la condotta dell’imputato non configurasse l’elemento materiale del reato di epidemia colposa, in quanto priva di una “diffusione attiva” dell’agente patogeno. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, è intervenuta per dirimere un contrasto giurisprudenziale e ha dato una risposta chiara: non è necessaria una condotta attiva per integrare il reato di epidemia colposa.

La sentenza si fonda su cinque assi portanti, destinati a incidere profondamente sulla prassi giudiziaria e sulla cultura giuridica. Innanzitutto, la Corte afferma che il reato di epidemia, previsto dall’art. 438 c.p., è un reato a forma libera. La legge penale non limita la responsabilità alla condotta attiva di diffusione del virus. La frase “mediante diffusione di germi patogeni” definisce l’evento, non la modalità della condotta. Di conseguenza, anche l’omissione può causare l’evento epidemico, se accompagnata da una posizione di garanzia e da un nesso causale dimostrabile. Il secondo pilastro della decisione poggia sull’art. 40, comma 2 c.p., secondo cui “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. In quest’ottica, chi ha un obbligo di protezione, come un datore di lavoro, un dirigente o un responsabile della sicurezza, risponde penalmente se omette di agire e ciò consente all’epidemia di svilupparsi.

Il terzo punto riguarda proprio la posizione di garanzia: la responsabilità penale non nasce da un generico dovere morale o sociale, ma da uno specifico obbligo giuridico previsto dalla legge. Nel caso concreto, il D.Lgs. 81/2008 attribuisce precisi doveri in materia di prevenzione del rischio biologico nei luoghi di lavoro. Chi non adempie a questi obblighi, pur avendone titolo e possibilità, può essere chiamato a rispondere penalmente per epidemia colposa. Tuttavia, chiarisce la Corte, non ogni omissione è penalmente rilevante: deve esistere un nesso causale, cioè va dimostrato che, se il soggetto avesse agito, l’evento si sarebbe potuto evitare o contenere. È un’analisi che richiede rigore scientifico e giuridico, perché la causalità omissiva non si presume, ma si costruisce con prove. L’ultimo aspetto riguarda la colpa. Essa non può essere astratta, né retroattiva. Deve fondarsi sulla violazione di regole cautelari, sulla prevedibilità dell’evento e sulla possibilità concreta di evitarlo. In altre parole, si può parlare di responsabilità solo se l’imputato ha disatteso regole note e vigenti, e se l’evento dannoso rientrava tra le conseguenze prevedibili di quella violazione.

Il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è chiaro: “Il delitto di epidemia colposa può essere integrato anche da una condotta omissiva, purché ricorrano i presupposti della posizione di garanzia, del nesso causale e della colpa.” Le implicazioni di questa decisione sono rilevanti: sul piano penale, si amplia la responsabilità dei soggetti apicali in ambito sanitario, scolastico e aziendale; sul piano sociale, si rafforza la cultura della prevenzione come dovere giuridico; sul piano interpretativo, si delinea un diritto penale dell’emergenza sempre più ancorato ai doveri positivi di protezione.

Questa sentenza non si esaurisce nel passato. Se da un lato chiude una pagina della gestione giudiziaria della pandemia, dall’altro apre scenari futuri: ambienti di lavoro, RSA, scuole, mezzi di trasporto pubblico potrebbero diventare oggetto di attenzione penale ogni volta che un contagio massivo si sviluppi a causa di inerzia organizzativa. Sarà la prova del nove per la giustizia penale, chiamata a bilanciare principi costituzionali, tutela collettiva e responsabilità individuali in un mondo sempre più esposto a nuovi rischi.

Luisa Paratore
31/07(2025

Il testo integrale della sentenza è consultabile al seguente link ufficiale:
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