Annullato il concerto di
Gergiev alla Reggia di Caserta e il concerto del pianista Romanovsky
a Bologna

Anche
l’arte, così come lo sport, vive oggi il periodo di oscurantismo
dell’evo contemporaneo. A quando il Rinascimento?
La
notizia è ufficiale. Dopo giorni di polemiche e proteste annunciate
contro l’esibizione del direttore d’orchestra russo Valery
Gergiev, noto per la sua vicinanza a Vladimir Putin, è arrivata la
parola fine.
Stringatissimo
il comunicato:
«La
Direzione della Reggia di Caserta ha disposto l'annullamento del
concerto sinfonico diretto da Valery Gergiev, previsto nell'ambito
della rassegna Un'Estate da Re, per il prossimo 27 luglio nel cortile
del Complesso vanvitelliano.»
La
decisione della direttrice della Reggia, Tiziana Maffei, si pone in
netto contrasto con le intenzioni del presidente della Regione
Campania, Vincenzo De Luca.
Decisamente
discutibile anche la posizione del Ministro della Cultura, Gennaro
Sangiuliano, che si è detto contrario all’annullamento, sostenendo
che
«l’arte
è libera, ma la propaganda è un’altra cosa.»
Così,
per motivazioni
politiche e non
artistiche, il concerto subisce una censura clamorosa.
Arte
e sport sembrano oggi condividere la stessa sorte: un oscurantismo
che ricorda i periodi più cupi dell’umanità, come quello attuale,
in cui il dualismo si è trasformato in conflittualità aperta su
ogni fronte.
Non
si parla più di etica, né di sport, né di cultura. E nemmeno
d’arte, in questo caso di musica.
Non
si parla più di pace, anelito profondo dei comuni mortali,
probabilmente solo dei comuni mortali.
Non
si parla più di Fede, di spiritualità, di quel centro invisibile ma
solido dove l’arte vera sa elevarsi e sollevare l’anima, evocando
emozioni, connettendo le persone, trasmettendo messaggi profondi.
Come
insegnava Platone, la musica può essere una cura per l’anima.
Forse
proprio da questo pensiero nasce l’intervento di Vincenzo De Luca,
che si è speso a favore dell’esibizione del maestro russo in nome
del «dialogo che favorisce la pace».
Quella
parola, pace, che molti pronunciano solo per parlare di guerra, di
conflitti, di rivendicazioni, di divisioni.
Conflitti,
rivendicazioni, divisioni che non possono che tradursi in guerra.
E
così va letta anche la soddisfazione espressa da molti esponenti
politici, di vari schieramenti, per l’annullamento del concerto: da
Riccardo Magi (+Europa) a Marco Lombardo (Azione), da Mara Carfagna
(Noi Moderati) a Federico Mollicone (FdI), da Filippo Sensi (PD) a
Pina Picierno (PD), vicepresidente del Parlamento europeo, che è
stata la prima a sollevare la protesta.
Proprio
Pina Picierno, all’indomani dell’annuncio, ha esultato scrivendo:
«Abbiamo
spiegato, lottato, ci abbiamo creduto e abbiamo vinto»,
invitando
i cittadini a radunarsi “con le bandiere dell’Europa» domenica
sera davanti alla Reggia.”
Ambigua
la posizione del Ministro degli Esteri Antonio Tajani, secondo cui
«non
lo abbiamo invitato noi, ma il presidente della Regione Campania»,
una
dichiarazione che stride con quella del Ministro della Cultura,
lasciando trasparire disaccordi interni al governo.
In
favore di De Luca si è invece espresso l’eurodeputato e generale
Roberto Vannacci (Lega), affermando:
«Se
è bravo, io lo farei esibire anche al Parlamento Europeo.»
E
non finisce qui. È stato annullato anche il concerto del pianista
ucraino filo-russo Alexander Romanovsky, previsto a Bologna per il 5
agosto.
Lo
ha confermato il sindaco Matteo Lepore in risposta al senatore Marco
Lombardo (Azione). L’evento, dal titolo “Favorite
Chopin”, si
sarebbe dovuto svolgere ai Giardini di Porta Europa in Piazza Sergio
Vieira de Mello.
Non
stupisce più nulla.
Carlo
Calenda, leader di Azione, ha commentato così:
«La
cancellazione del concerto di Romanovsky a Bologna è la seconda
buona notizia della giornata, dopo l’annullamento del concerto di
Gergiev. Dimostra che in Italia gli anticorpi contro il putinismo ci
sono.»
Parole
che non parlano di pace, né di cultura, ma confermano la deriva
divisiva in atto. Una deriva che dovrebbe allarmare anche l’Italia.
E
invece, anziché gettare acqua sul fuoco, certi politici sembrano
gettare benzina.
A
rincarare la dose è arrivato il commento di Oles Horodetskyy,
presidente dell’Associazione Cristiana degli Ucraini in Italia, che
ha definito l’annullamento una «vittoria del buon senso».
Secondo
alcune fonti, numerose associazioni ucraine avevano acquistato
biglietti con l’intenzione di contestare Gergiev dall’interno del
concerto.
Immediata
e dura la replica dell’ambasciata russa a Roma. L’ambasciatore
Alexey Paramonov ha dichiarato:
«Chi
pensa che la cancellazione del concerto di Gergiev danneggerà la
Russia si sbaglia profondamente. La responsabilità di questo
infausto sviluppo degli eventi ricade completamente sull’Italia.»
Eppure
proprio in questi giorni, senza alcun riferimento diretto ai
concerti, ma con un forte richiamo al valore del dialogo e
dell’ospitalità, Papa Leone XIV, durante l’Angelus a Castel
Gandolfo in seguito alla visita di Zelensky, ha ricordato:
«Il
nostro Dio ha prima saputo farsi ospite, e anche oggi sta alla nostra
porta e bussa (Ap 3,20).»
Parole
potenti. In italiano, “ospite” è colui che accoglie ma anche
colui che è accolto. E in questa domenica estiva, il pontefice ha
voluto invitarci a riscoprire
«il
gioco dell’accoglienza reciproca, fuori dal quale la nostra vita si
impoverisce.»
E
ha aggiunto:
«Abbiamo
bisogno di vivere un po’ di riposo, con il desiderio di imparare di
più l’arte dell’ospitalità.»
Un
discorso complesso, non diretto al tema dei concerti, ma così
profondo e universale da risuonare perfettamente anche in questo
contesto.
Forse
è giunto il momento che chi invoca la pace o prende decisioni
cruciali per fermare o alimentare la guerra, impari ad ascoltare le
parole dello spirito.
Attraverso
la fede.
Attraverso
l’arte.
Attraverso
la musica.
Accogliere,
non censurare.
Ettore
Lembo
24/07/25