Gas per l’ex Ilva,
Taranto ancora appesa a un bivio.

Taranto torna al centro delle attenzioni: non è più solo l’AIA‑ponte con le sue 470 prescrizioni, ma anche la questione dell’approvvigionamento di gas rischia di decidere il destino della siderurgia locale. Lunedì è atteso il documento conclusivo del comitato tecnico istituito dal Ministero delle Imprese, chiamato a chiarire se per lo stabilimento sarà necessaria una nave rigassificatrice o se il fabbisogno potrà essere coperto dalle infrastrutture esistenti. I tempi si sono allungati rispetto alla previsione iniziale, proprio per favorire una maggiore condivisione tra i membri del comitato e scongiurare soluzioni imposte dall’alto.
Il comitato si è riunito più volte, mettendo attorno allo stesso tavolo i rappresentanti istituzionali, le autorità locali, i tecnici di Snam e i commissari straordinari dell’azienda. Al centro del confronto, la quantità di gas necessaria per avviare gli impianti di preridotto e la sostenibilità tecnica di un percorso di decarbonizzazione concreto, fondato su tecnologie DRI. È proprio su questo terreno che si gioca una partita complessa: garantire la transizione energetica senza aprire nuovi fronti di conflitto sociale o ambientale.
Intanto sul territorio si moltiplicano le prese di posizione. Il consiglio comunale di Taranto si prepara ad affrontare in seduta monotematica la questione decarbonizzazione. Dopo la protesta delle associazioni, inizialmente escluse, l’assemblea sarà aperta anche a cittadini, sindacati e organismi di vigilanza. Parallelamente si organizza un sit-in che raccoglie il malcontento crescente di chi teme che, ancora una volta, le decisioni cruciali vengano prese senza un reale coinvolgimento della comunità.
Tutto ruota intorno a una scelta che avrà effetti strutturali. Il prossimo 31 luglio, al Ministero delle Imprese, si firmerà l’Accordo di Programma Interistituzionale, che dovrà stabilire tempistiche, investimenti e responsabilità operative per la riconversione dell’impianto. Ed è evidente che la posizione del comitato sul gas condizionerà l’intero percorso. Il rischio, come spesso accade, è che si trovino soluzioni tecniche parziali e poco trasparenti, mentre la città attende un segnale netto di rottura con il passato.
I sindacati, intanto, non stanno a guardare. Hanno presentato una piattaforma rivendicativa che chiede un modello di sviluppo che tenga insieme lavoro, salute e ambiente. I lavoratori dell’impianto e dell’indotto chiedono garanzie per il futuro, ma anche il diritto di non essere più posti in contrapposizione con le esigenze ambientali della città.
Ora, più che mai, è evidente che la questione del gas non è solo una questione di approvvigionamento, ma di visione. Che cosa sarà Taranto fra dieci anni? Una città ancora imprigionata nei compromessi industriali o un laboratorio nazionale di riconversione sostenibile? Questo comitato ha il compito – e la responsabilità – di rispondere non solo con calcoli, ma con coraggio.
Il tempo delle promesse sta finendo. Le scelte devono parlare una lingua nuova: quella della coerenza, della trasparenza e della partecipazione. Se così non sarà, Taranto resterà ancora una volta in bilico, trattenendo il fiato sotto un cielo che promette sempre aria nuova, ma consegna la solita incertezza.
Luisa Paratore
28/07/20205