Carlo Calcagni, l’Uomo che non si arrende, mai

Si può essere guerrieri anche senza armi e si può vincere una guerra anche quando il corpo, giorno dopo giorno, si sgretola come roccia al vento.
Il Colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni è questo: una fiamma che non si spegne, un uomo che ha fatto del dolore un vessillo e della resilienza una vocazione.
Non cerca applausi, ma verità.
Non chiede medaglie, ma giustizia.
E non si è mai definito un eroe, anche se lo è.
Atleta da sempre, inizia la sua vita militare subito dopo il liceo classico: ufficiale paracadutista e, successivamente, pilota ed istruttore di volo di elicotteri.
Un giovane ufficiale dallo sguardo limpido e fiero, che ha fatto della disciplina, del dovere e dell’onore la sua seconda pelle.
Nel 1996 partecipa alla missione internazionale di pace della NATO, sotto l’egida delle Nazioni Unite, in Bosnia-Erzegovina.
È l’unico pilota del primo contingente italiano a Sarajevo, encomiato per aver dato lustro all'Esercito ed all'Italia intera, avendo portato a termine ogni missione di volo affidatagli, con il massimo impegno e professionalità, nonostante i rischi e pericoli, svolgendo il più nobile dei servizi per la collettività, cioè salvare vite umane.
Durante le missioni di volo effettuate nei Balcani, come hanno dimostrato le biopsie effettuate a fegato, midollo e polmoni, ha subito una massiccia contaminazione da metalli pesanti, ben 28 tipi di metalli pesanti tossici, che non sono né biocompatibili né biodegradabili. Tra questi, tre sono radioattivi: l’uranio, il cesio e il torio.
Torna da quella missione contaminato per sempre: l’aria che respira è satura di polveri letali. Nemici invisibili che si insinuano nei tessuti, nei nervi, nel sangue, e non lo lasceranno mai più.
I primi sintomi arrivano presto.
La diagnosi è devastante: patologie multiorgano, tra cui: cardiopatia, fibrosi polmonare con insufficienza respiratoria, Sensibilità Chimica Multipla, encefalopatia tossica ed una grave polineuropatia cronica, degenerativa, irreversibile, con sclerosi e Parkinson.
I medici parlano chiaro: una condanna lenta, eppure inesorabile.
Per chiunque altro sarebbe una resa.
Ma Carlo non si arrende.
Non l’ha mai fatto, anche quando il corpo lo tradisce, anche quando il dolore diventa insostenibile, anche quando l’ossigeno diventa il suo compagno di viaggio e le notti non portano più riposo.
Lui, ogni mattina si alza, si veste, lotta.
Lo Stato lo riconosce "Vittima del Dovere". Viene iscritto al Ruolo d’Onore dell’Esercito Italiano.
Gli vengono conferiti il Distintivo d’Onore di Ferito e di Mutilato in servizio.
Un riconoscimento che premia il suo sacrificio, ma non lo risarcisce per ciò che ha perso.
Nel 2022, il Consiglio comunale di Rocca Canavese approva una mozione per chiedere che gli venga conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Un gesto simbolico, una proposta carica di significato, ma ad oggi rimasta senza risposta.
A questa iniziativa si è unito anche il Comune di Acri, che ha formalizzato al Ministero della Difesa una richiesta analoga.
Un gesto di grande valore, che dimostra quanto la figura del Colonnello Calcagni sia riconosciuta e stimata non solo a livello istituzionale, ma anche dal tessuto sociale più autentico del Paese: quello dei comuni, delle persone, delle comunità che ancora sanno distinguere l’autenticità dell’esempio dalla semplice apparenza.
Eppure, la voce della coscienza nazionale si è fatta sentire anche ai vertici più alti.
Il 15 ottobre 2021, l’attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, scrisse pubblicamente sulla sua bacheca Facebook:
"Qualche giorno fa ho avuto il piacere e l’onore di conoscere il colonnello Carlo Calcagni, rimasto intossicato dall'uranio impoverito durante la missione di pace del 1996 in Bosnia. Una persona umile, coraggiosa e con tanta dignità. In questo servizio de “Le Iene” potete conoscere la sua storia, piena di punti interrogativi e di risposte mai ricevute. Lo Stato ammetta le sue colpe e dimostri con i fatti il valore di quest’uomo, ammalatosi solo per aver servito con onore la Patria."
Parole forti, lucide, che ancora oggi risuonano come un appello accorato alla giustizia e alla verità, alle quali non sono seguiti i fatti.
Nel frattempo, la società civile non resta a guardare.
Proprio di recente, l’Unione Nazionale Mutilati per Servizio ha conferito a Carlo Calcagni la "Medaglia d’Onore".
Un riconoscimento che vale molto più di un’onorificenza: perché arriva da chi conosce la sofferenza, da chi ha pagato sulla propria pelle il prezzo del dovere.
E quando a premiare è chi ha sofferto davvero, allora quel gesto acquista un peso che va oltre la retorica.
È una medaglia di verità.
Ma la forza di Carlo non si nutre soltanto di riconoscimenti.
La sua rinascita ha preso forma nello sport, dove il suo corpo fragile ha continuato a volare ancora.
Con il Gruppo Sportivo Paralimpico della Difesa, ha riscritto le regole della possibilità.
Aggrappato al manubrio del suo triciclo (nel ciclismo) o del frame running (nell'atletica), respirando ossigeno, ha vinto sei medaglie d’oro agli Invictus Games, quattro medaglie d'oro ai Campionati del Mondo, nel 2024, ha stabilito record mondiali, ha corso, remato, brillato.
Non per vanità, ma per dare un senso al dolore, per lanciare un messaggio al mondo: anche la fragilità può diventare forza.
Anche un corpo spezzato può ancora andare lontano, se l’anima resta libera.
Oggi, Carlo Calcagni è molto più di un militare: è un simbolo, è una voce limpida e coraggiosa che parla ai giovani, agli studenti, ai cittadini.
Va nelle scuole, nei teatri, nei convegni, attività che svolge a titolo gratuito, senza nulla chiedere!
Racconta la sua storia senza rabbia, ma con fermezza, con amore per la verità e rispetto per chi ascolta.
In ogni parola vibra il suo messaggio: "Mai arrendersi".
Non è uno slogan.
È il suo stile di vita.
È una promessa.
È una dichiarazione di guerra alla rassegnazione.
È il battito di un cuore che non si piega, anche quando il dolore è più forte di tutto.
Raccontare la sua storia non è solo un atto di memoria.
È un dovere collettivo.
In un Paese spesso distratto, dove gli eroi si celebrano solo quando non disturbano, Carlo Calcagni ci ricorda il significato autentico del servire lo Stato: non con la retorica, ma con la carne.
Non con le medaglie, ma con l’esempio.
È il volto autentico di un’Italia che resiste.
Di un’Italia che soffre ma non si arrende.
Di un’Italia che, nel suo sguardo, ritrova se stessa.
Carlo Calcagni non ha bisogno di medaglie per essere un eroe. Lo è già. E continuerà ad esserlo, ogni giorno, finché il suo respiro, anche se affaticato, porterà con sé il profumo più nobile di tutti: quello della verità.
(Luisa Paratore)
02 Agosto 2025