CRONACA DI UN'INFANZIA VIOLATA
NEWS > AGOSTO 2025
Cronaca di un'infanzia violata

Due bambini ammazzati durante una Messa scolastica. Non in un quartiere malfamato, non nel cuore della notte, ma in pieno giorno, davanti a Dio e agli uomini. Forse è questo il punto: Dio tace, e gli uomini non sanno più che dire, se non recitare i soliti comunicati di circostanza.
È accaduto a Minneapolis, nella chiesa cattolica della scuola Annunciation, dove si stava celebrando la Messa di inizio anno. Robin Westman, ventitré anni, si è presentato armato fino ai denti: un fucile, una pistola e un fucile a canne mozze, tutti acquistati legalmente, perché in America comprare strumenti di morte è più semplice che prenotare una visita medica. Ha sparato prima attraverso le vetrate, poi ha fatto irruzione in chiesa. I bambini si sono nascosti sotto i banchi, gli insegnanti hanno cercato di proteggerli con i propri corpi, ma due piccoli, di otto e dieci anni, sono caduti senza più respiro. Altri diciassette tra studenti, docenti e fedeli sono rimasti feriti, alcuni gravemente. Poi, come ultimo atto, Westman ha rivolto l’arma contro se stesso.
Sul suo fucile, scritte degne di un manuale dell’odio: “Uccidi Trump”, “Morte a Israele”. Non bastava la furia dei proiettili, serviva anche la decorazione dell’odio. Nei video pubblicati online poco prima dell’assalto, inneggiava ad altri massacri, evocava rancori politici e antisemitismo. Non un raptus, dunque, ma un copione annunciato, recitato con la freddezza di chi non trova più limiti né argini.
La famiglia, un tempo argine e rifugio, è ormai spesso ridotta a dormitorio connesso: i genitori rincorrono la sopravvivenza economica, i figli cercano compagnia negli schermi. Ci si parla poco, ci si guarda meno, e si finisce col crescere individui che non distinguono più il valore di una vita dal rumore di un click. Il vuoto relazionale diventa terreno fertile per frustrazioni che, a volte, sfociano in violenza. Non ci stupiamo, dunque, se i figli del silenzio gridano con le armi.
Ed ecco le istituzioni: bravissime a indignarsi, campionesse di cordoglio. A ogni tragedia, si moltiplicano le dichiarazioni solenni, le condanne ferme, i richiami alla sicurezza. Il sindaco Jacob Frey ha detto che non bastano le preghiere, il Presidente Donald Trump ha promesso giustizia, il Papa ha affidato le vittime alla misericordia di Dio. Tutto già visto, tutto già sentito. Ma intanto, mentre si discute di protocolli e metal detector, nessuno osa ammettere che stiamo allevando generazioni senza bussola, lasciate a sé stesse in un mondo che promette tutto e non offre senso. La politica ama mostrarsi davanti alle telecamere, meno davanti alla realtà: fa la guerra alle parole, non alle cause.
E così, il ciclo si ripete: una comunità che abdica al suo ruolo educativo, istituzioni che si limitano a reagire con slogan, famiglie incapaci di fermarsi ad ascoltare. E nel mezzo, i bambini: vittime predestinate di una società che ha smesso di proteggere ciò che ha di più sacro.
Chi spara non è mai solo. Dietro il suo grilletto ci siamo anche noi, con le nostre assenze, la nostra ipocrisia, la nostra indifferenza. Ogni colpo di fucile lacera corpi, ma anche l’illusione che stiamo ancora educando, proteggendo, costruendo futuro. E mentre piangiamo i due piccoli di Minneapolis, sappiamo già che il copione della prossima tragedia è pronto. Resta solo da scegliere in quale città andare in scena.
Forse, però, un copione così si può anche strappare: basterebbe ricominciare a educare, a proteggere, ad ascoltare. Ma questo richiede coraggio, e il coraggio, al momento, pare l’arma più difficile da reperire.
Luisa Paratore
Roma29/08/2025
Fonte
ANSA, Spari in una scuola a Minneapolis, morti due bambini. Sul fucile la scritta, 27 agosto 2025.